Ordinanza n. 444/2001

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ORDINANZA N.444

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito della delibera del Consiglio regionale della Lombardia n. VII/25 del 15 settembre 2000, recante "Proposta di indizione di referendum consultivo per il trasferimento delle funzioni statali in materia di sanità, istruzione, anche professionale, nonchè di polizia locale, alla Regione", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 1° dicembre 2000, depositato in Cancelleria il 5 successivo e iscritto al n. 56 del registro conflitti 2000.

Visto l’atto di costituzione della Regione Lombardia;

udito nell’udienza pubblica del 20 novembre 2001 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;

uditi l’avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Lombardia. Ritenuto che con ricorso depositato il 5 dicembre 2000 il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti della Regione Lombardia, in relazione alla deliberazione del Consiglio regionale del 15 settembre 2000, n. VII/25 (pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Lombardia n. 40 del 2 ottobre 2000), recante "Proposta di indizione di referendum consultivo per il trasferimento delle funzioni statali in materia di sanità, istruzione, anche professionale, nonchè di polizia locale, alla Regione";

che, ad avviso del ricorrente, il Consiglio regionale lombardo, senza tenere conto di quanto statuito nella sentenza n. 470 del 1992 della Corte costituzionale, ha deliberato di indire un referendum consultivo, rivolto alla popolazione iscritta nelle liste elettorali dei comuni della Regione Lombardia, per l’espressione del voto su un quesito che non concerne un provvedimento di competenza del medesimo Consiglio regionale, bensì attiene all’esercizio, da parte di quest’ultimo, della "facoltà di presentare alle Camere una proposta di legge di "revisione della Costituzione" della Repubblica";

che l’illegittimità e il carattere invasivo della delibera regionale risulterebbero ancor più chiari – prosegue il ricorrente - dopo la pronuncia n. 496 del 2000 della Corte costituzionale, nella quale, affrontando il profilo della posizione rispettiva del popolo e della rappresentanza politico-parlamentare rispetto alle istanze di revisione costituzionale, si é formulata la conclusione nel senso della inammissibilità di una "doppia pronuncia" popolare, dapprima di una frazione territorialmente delimitata e poi dell’intero, in sede di procedimento di revisione costituzionale;

che agli enunciati della citata sentenza costituzionale il Governo fa testuale richiamo, rilevando inoltre che il quesito referendario al quale verrebbe chiamata la popolazione della Regione Lombardia difetta dei requisiti della chiarezza e dell’omogeneità, perchè, accanto a materie che già sono largamente devolute alle autonomie regionali, si inserisce una materia, quella della "istruzione, anche professionale", che implicherebbe necessariamente una revisione costituzionale (l’art. 117 della Costituzione menzionando solo l’"istruzione artigiana e professionale"), con il risultato di rendere oscura, per il cittadino, la "sostanza dell’innovazione costituzionale ipotizzata e del risultato politico perseguito";

che, assumendo la gravità e l’evidenza della lesione arrecata alle attribuzioni statali (fumus boni iuris) e altresì l’esigenza di impedire pregiudizievoli conseguenze o "emulazioni" di tale iniziativa (periculum in mora), il Governo ricorrente ha formulato istanza di sospensione dell’atto in relazione al quale é insorto il conflitto;

che si é costituita nel giudizio per conflitto così promosso la Regione Lombardia, affermando – previa ricostruzione del quadro statutario e legislativo in materia di referendum regionale e facendo riferimento alle pertinenti decisioni della Corte costituzionale: sentenze n. 256 del 1989, n. 470 del 1992 e n. 496 del 2000 – che il quesito referendario proposto dal Consiglio regionale lombardo non é passibile di censura, proprio alla stregua della giurisprudenza costituzionale ricordata: nella delibera, infatti, da un lato si afferma esplicitamente che le iniziative istituzionali sono da prendersi "nel quadro dell’unità nazionale", dall’altro le suddette iniziative non sono necessariamente legate alla presentazione di proposte di revisione costituzionale, giacchè loro scopo é piuttosto quello della "promozione" del trasferimento delle funzioni statali in materia di sanità, istruzione anche professionale e polizia locale, ben potendosi trattare dunque di iniziative legislative ordinarie ovvero di iniziative in campo organizzativo e amministrativo, cosicchè per quest’ultimo aspetto il conflitto promosso presenterebbe carattere "virtuale";

che, sotto altro profilo, la Regione Lombardia osserva da un lato che manca, nella delibera consiliare impugnata, il carattere della lesività, o menomazione, di una qualsiasi tra le funzioni dello Stato, ciò che sarebbe provato dalla mancanza, nell’atto di impugnazione proposto dal Governo, di un chiaro parametro costituzionale sulla cui violazione possa dirsi fondato il conflitto, dall’altro che la stessa proposizione del conflitto rivestirebbe un connotato "paradossale" perchè incoerente con la riforma costituzionale del Titolo V della Costituzione promossa dallo stesso Governo, in particolare con la previsione del nuovo art. 116, terzo comma, della Costituzione, che ammette che alle regioni ordinarie possano essere attribuite, secondo determinate procedure, ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia;

che la Regione Lombardia ha concluso pertanto per una dichiarazione di inammissibilità o di infondatezza del ricorso, previa reiezione della richiesta sospensiva;

che hanno successivamente depositato memorie sia l’Avvocatura generale dello Stato, per il ricorrente Presidente del Consiglio dei ministri, sia la difesa della Regione Lombardia, ribadendo e ulteriormente argomentando le rispettive conclusioni;

che con ordinanza n. 102 del 2001 questa Corte ha rigettato l’istanza incidentale di sospensione della delibera consiliare impugnata;

che in data 6 novembre 2001 l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato atto con il quale, su conforme deliberazione del 31 ottobre 2001 del Consiglio dei ministri, ha dichiarato di rinunciare al ricorso;

che all’udienza pubblica del 20 novembre 2001 la difesa della Regione Lombardia ha formulato la propria adesione alla rinuncia, contestualmente allegando la deliberazione del 16 novembre 2001 con la quale la Giunta regionale lombarda, preso atto "dell’abbandono da parte del Presidente del Consiglio dei ministri della controversia", ha autorizzato la difesa a porre in essere i conseguenti adempimenti.

Considerato che, ai sensi dell’art. 27, ultimo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, la rinuncia al ricorso, seguita dalla relativa accettazione della controparte, produce l’effetto di estinguere il processo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara estinto il processo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 dicembre 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Depositata in Cancelleria il 28 dicembre 2001.